Dossier — Marketing : nouvelles tendances stratégiques

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Marketing : nouvelles tendances stratégiques

Giulia Ceriani
Università di Bergamo

 

Publié en ligne le 10 juillet 2024
https://doi.org/10.23925/2763-700X.2024n7.67354
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In un momento di profonda trasformazione, che investe ogni livello della relazione con cui si interfacciano le istituzioni e i loro destinatari, ci è sembrata necessaria una riflessione sui principali nodi della mutazione nel contesto della comunicazione di mercato e delle sue articolazioni (dalle strategie di marca alla qualificazione dei destinatari, dalla pubblicità alla mutazione dei suoi canali, dal retail alla smaterializzazione dei suoi confini) ; e al tempo stesso, sui meccanismi semiotici che la reggono e su come il cambiamento del mercato chiami anche questi a un rinnovamento profondo.

Le sfide sono concettuali, metodologiche, pragmatiche : la “business communication” è sempre meno sintetizzabile con un circuito di monetizzazione del valore, e al contrario sempre più riconducibile ad una necessità di dialogo in bilico tra massima agilità espressiva, sotto il segno della digitalizzazione, e minima potenzialità di impatto all’interno di un’arena veloce e distratta. Il fronte delle direzioni che si aprono è vasto e complesso, come i nuovi interrogativi che chiedono altro immaginario e altre metriche. Dalle audience attive e interattive al loro impatto sulla reputazione di marca, alla creatività bottom-up ; dall’infatuazione per i big data al necessario e incompiuto rinnovamento dei metodi di analisi ; dall’immaginario immersivo del Metaverso all’(in)sostenibilità delle nervature green.

Obiettivo di questo dossier è un intervento proattivo nel contesto del marketing e della comunicazione, che sottragga il primo alla sterilizzazione dei contesti di natura strettamente economica, e la seconda alla passiva reiterazione dei primi modelli analitici applicativi (tra tutti, l’assiologia dei valori di consumo di Jean-Marie Floch).

Qualcosa, e molto più di qualcosa, è successo negli ultimi venti anni, dalla consapevolezza della dimensione strategica e anticipatoria che deve precedere le scelte comunicazionali, alla legittimazione di ogni forma di disintermediazione, fino al travalicare dei confini del communication mix ormai esteso a “touchpoint” sempre più multiformi e diffusi. Assistiamo alla moltiplicazione delle interfaccia di natura visiva, alla gamificazione delle relazioni, alla frontiera sempre più permeabile tra offline e online che tocca oggi anche la dimensione immersiva...

Nel richiamare a una riflessione semiotica in profondità intorno a “quello che succede” e a “come rispondervi”, i contributi qui raccolti vanno ad intervenire in merito a una serie di interrogativi complessi : i) fino a che punto può ancora tenere l’opzione di un marketing sorretto solo dalle scienze aziendali, là dove la dimensione del valore si mostra ben più complessa e interpellata dai rinnovamenti del contesto esistenziale come di quello tecnologico ? ii) quanto i modelli semiotici esistenti sono messi alla prova dai cambiamenti della società ? Quali revisioni sono eventualmente richieste ? Che cosa è possibile eventualmente proporre ?

E’ così che gli articoli che seguono toccano le aree tematiche che consideriamo centrali, le interrogano e le scuotono in una direzione non consueta :

1. La nuova creatività : digitalizzazione e idioletto. — Quali sono le opportunità di innovazione alla luce di una creatività chiamata ad investirsi in un terreno espressivo e di fruizione anzitutto digitale ? Quali competenze sono messe in campo, e quali scenari si aprono nei confronti dell’interpellazione del destinatario ? Su quali fronti si gioca la partita dell’autoriflessività, quale funzione estetica viene oggi attivata ? Quale infine il giudizio di valore a cui riferire, su quali principi e con quali conseguenze in termini di efficacia ? E’ in questo senso che l’articolo di Mattia Thibault, dedicato ai giochi come sistema modellizzante, rivede la mitopoietica a supporto delle tecnologie e mette in luce le istanze ideologiche che le sorreggono.

2. Marca : istituzione e dispersione. — Quale è il ruolo attuale della marca, quali qualificazioni le vengono affidate, e quali sottratte ? Chi ne ha preso il posto, se questo è il caso, nella fiducia necessaria ai pubblici per fidarsi / affidarsi? Quanto questi ultimi si sentono investiti del compito fin qui svolto dalle marche ? Come si articola la dimensione della narrazione di marca e a quale necessità risponde (voyeurismo, proiezione, dialogo, ispirazione, ecc.) ? Quali dimensioni passionali sono attive, quali da esplorare ? Rispondono a questi quesiti, in due diverse direzioni, i contributi di Jean-Paul Petitimbert e Alice Giannitrapani. Dove è nel secondo caso l’embodiment nella Fondazione Prada della marca stessa, e la sua articolata (e potremmo dire tentacolare) strategia culturale ad essere al centro di un’idea di marca capace di intercettare sensibilità in evoluzione, nel primo ad essere rimesse in discussione, alla luce della trasformazione digitale, sono le teorie stesse dedicate al branding, rese infine necessariamente permeabili alla complessità e alla contraddizione.

3. Valore : sostanza materiale e sostanza immateriale. — Come è mutato il riconoscimento del valore nel contesto che stiamo descrivendo ? Dove è la differenza, e quali slittamenti provoca la sua accezione contemporanea ? Dove si colloca : nella potenza del destinante, nella qualificazione del soggetto, nella relazione e profilazione dei destinatari ? Oppure, è interamente affidato all’opportunità della pianificazione, ovvero della sua dimensione spazio-temporale a cui la smaterializzazione espressiva offre orizzonti pressoché illimitati ? E ancora, se il prodotto è smaterializzato, su quali parametri avviene il riconoscimento del valore ? Anche in questo caso i punti di vista divergono e si interfacciano : dall’analisi delle strategie di architettura di marca di Perusset, che si vorrebbe razionale a logicamente sorretta ma poi sfugge di mano e raccoglie le sfide di accostamenti disruptive, alle contaminazioni fluide di Sorrentino, che fa della moda un sistema trasversale di lettura e riscrittura del mondo.

4. Ricerca : corpus verticali e orizzontali (“small” e “big” data).— L’enfasi con cui si è salutato negli ultimi anni l’avvento della raccolta dati dalla rete e i modi, più o meno automatizzati, della loro lettura, è da rivedere criticamente ? Come si interfacciano con la lettura semiotica, su quali basi ? Ha senso rapportarsi analiticamente, con le diverse categorie a cui riferiamo, a questi corpus allargati e incerti, costituiti a prescindere rispetto a una delimitazione testuale ? Oppure, la lettura “small” resta necessaria e complementare ? E’ intorno a questi input cruciali, e non solo, che si sviluppa il dialogo tra Ceriani e Peverini, nell’ottica di una messa in discussione d’insieme del grande cantiere della semiotica applicata alla marca, delle sue rivoluzioni più o meno silenziose e dell’interscambio inesausto tra l’una e l’altra all’interno delle macro e micro tensioni culturali.

Come si sarà inteso, abbiamo auspicato, all’interno di questa riflessione congiunta, sondare le pratiche più recenti, problematizzare quello che è dato per scontato, provocare un dibattito e far avanzare il pensiero di ricerca. Per questo, l’invito a proseguire il dibattito è indirizzato a semiotici che la pratica dello studio del senso nell’ambito del marketing rende attenti al dibattito teorico in questo contesto, ma anche a professionisti che abbiano caro l’approfondimento teorico e la riflessione avanzata sulle proprie pratiche quotidiane.

 

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