Dossier — Marketing : nouvelles tendances stratégiques

Metamoda : interazioni
riflessivo performative

Paolo Sorrentino
Università IULM di Milano

 

Publié en ligne le 10 juillet 2024
https://doi.org/10.23925/2763-700X.2024n7.67356
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Introduzione

Negli ultimi anni si è assistito ad un profondo mutamento nelle strategie seguite da chi è riuscito a conquistare posizioni dominanti nel sistema della moda. Che si tratti delle creazioni di Alessandro Michele o Demna Gvasalia, di fashion-film e serie come Women Tales (Miu Miu) o The Simpson (Balenciaga), delle stranianti — e graffianti — sfilate digitali di Casey Cadwallader (Mugler), delle immagini censurabili e censurate di Kanye West e Bianca Censori, e così via, l’azione comunicativa non è più tanto o non è più solo riducibile ad una autodescrizione, per lo più celebrativa di sé o del prodotto. Piuttosto, ciò a cui assistiamo è una raffinata e al tempo stesso rischiosa forma di interazione strategica di tipo riflessivo performativo. È il tempo della metamoda, del linguaggio che riflette il linguaggio, e così cura le tensioni del corpo sociale1.

1 G. Marrone, Il discorso di marca, Roma-Bari, Laterza, 2007.

1. Note di metasemiotica

È doveroso iniziare il nostro percorso con delle brevi note sulla nozione di metasemiotica. In questo esercizio di scavo nella teoria proveremo a mettere in dialogo il pensiero dei due maestri della semiotica, Algirdas J. Greimas e Jurij M. Lotman, che da differenti prospettive hanno riflettuto sul medesimo oggetto.

Come sappiamo l’idea di metasemiotica viene definita da Louis Hjelmslev in opposizione alle semiotiche connotative : mentre le seconde sarebbero “semiotiche il cui piano dell’espressione è una semiotica”, le prime sono “semiotiche il cui piano del contenuto è una semiotica”2.

2 L. Hjelmslev, Prolegomena to a Theory of Language, Madison, The University of Wisconsin Press, 1961 ; tr. it. I fondamenti della teoria del linguaggio, Torino, Einaudi, 1968, p. 122.

La dicotomia viene ripresa da Roland Barthes che la investe di un ulteriore significato. Per il semiologo francese, al contrario delle semiotiche connotative che si servirebbero di sistemi semiotici già formati, “un metalinguaggio è un sistema il cui piano del contenuto è esso stesso un sistema di significazione”3. La differenza è importante perché consente di notare che mentre il connotativo si limiterebbe ad un uso parassitario del linguaggio (assegnando dei contenuti secondi a sistemi che di fatto conservano le proprietà di partenza), il sistema di tipo metasemiotico, situandosi nella posizione di termine inglobante, assume il potere di ridefinire dal proprio interno le pertinenze del sistema inglobato.

3 R. Barthes, Eléments de sémiologie, Paris, Seuil, 1964 ; tr. it. Elementi di semiologia, Torino, Einaudi, 1966, p. 80.

Va notato che nel corso della sua storia la semiotica generativa abbandona la dicotomia fra semiotica connotativa e metasemiotica. La seconda viene assimilata alla definizione di metalinguaggio inteso come linguaggio scientifico, mentre la “metasemiotica non scientifica corrisponde alla nostra definizione di semiotica”4. Tuttavia, la definizione secondo cui solo un linguaggio scientifico può assolvere la funzione metasemiotica non è esente da criticità.

Da una diversa prospettiva, Jurij M. Lotman studia la problematica della metasemiotica in rapporto alla struttura della cultura. Lo studioso di Tartu vi riflette in omologia al linguaggio naturale la cui descrizione e grammatica non sarebbe solo oggetto del discorso scientifico, ma è una tappa fondamentale nella storia del linguaggio. Inoltre, una volta formalizzata, la meta-descrizione esercita una azione sulla semiotica oggetto di modo che essa non potrà più essere ciò che era prima della descrizione, mentre il suo sviluppo successivo sarà segnato dalla sua riflessione.

4 A.J. Greimas e J. Courtés, Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage, Paris, Hachette, 1979 ; tr. it. Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, Milano, Mondadori, 2007, p. 198.

I rapporti di tipo metasemiotico possono essere determinati dallo sviluppo immanente del linguaggio, dalla situazione scientifica o da quella di tipo culturale. Ad esempio, una grammatica può apparire quando un collettivo entra in contatto con un altro e si generano rapporti intersemiotici.

La formazione dei metalinguaggi garantisce la definizione del livello metaculturale, cioè del terreno comune necessario tanto ai processi di conservazione e comunicazione della memoria culturale, quanto alla sua dinamica creativa. A questo livello si condensano “le meta-descrizioni delle norme culturali che sono alla base della creazione di nuovi testi, ne stimolano la produzione e nello stesso tempo si oppongono alle formazioni di testi di un certo tipo”5.

5 J.M. Lotman, La Semiosfera. L’asimmetria e il dialogo nelle strutture pensanti, Milano, La nave di Teseo, 2022. p. 68.

In riferimento all’interazione fra le tendenze opposte interne allo spazio semiotico, le norme di auto-descrizione si possono fondare su un principio di compromesso o al contrario su una manifestazione estrema di un polo della tensione. Dove il primo modello è in grado di generare equilibrio, il secondo implica che i testi del polo narcotizzato si accumulano al confine finché non “cominciano ad essere trasmessi al sistema opposto” stimolandone l’attivazione. Così, stando a Lotman, “il ciclo completo termina quando si raggiunge una nuova stabilità attraverso un compromesso”6.

6 J.M. Lotman, op. cit., p. 69.

Questa dinamica di tipo circolare mostra dei punti di connessione con il concetto di risemantizzazione definito da Greimas e Courtés nel Dizionario di semiotica, secondo cui “al contrario della desemantizzazione, la risemantizzazione è l’operazione con cui certi contenuti parziali, preliminarmente perduti — e spesso a profitto d’un significato globale di un’unità discorsiva più ampia — ritrovano il loro primo valore semantico”7.

7 Semiotica. Dizionario, op. cit., p. 280.

Tuttavia ai fini del nostro ragionamento sembra interessante notare come nell’analisi del bel gesto, Greimas ridefinisce la risemantizzazione in rapporto alla trasformazione delle forme di vita8. Come sappiamo, il bel gesto è contrassegnato da una brusca interruzione della regolarità semiotica che crea la condizione per una riflessione sul valore dei valori9. Nei termini di Lotman è in questa dinamica di interazione che il collettivo può operare riflessivamente sulle proprie metadescrizioni. Si tratta dunque di una forma di metarituale necessaria per ristabilire la fede in un credere comune10.

L’operazione è diversa dall’atto di valorizzazione, il quale non è teso a trasformare il valore dei valori, quanto semmai a investire gli oggetti di valore. Così come nella pratica di rivalorizzazione, in cui “l’oggetto è suscettibile di acquisire un nuovo valore” per il soggetto qualora quest’ultimo scopra che un altro intende sottrarglielo11. Si tratta di posizionare gli oggetti entro un sistema di valori, la cui struttura non viene messa in discussione, ma solo confermata dal rituale comunicativo.

8 A.J. Greimas, J. Fontanille, “Le beau geste”, RSSI, 13, 1-2, 1993 ; tr. it. “Il bel gesto”, in M.P. Pozzato (a cura di), Estetica e vita quotidiana, Milano, Lupetti, 1995.


9 Cfr. F. Sedda, “Logiche della turbolenza”, Versus, 133, 2, 2021 ; id., “Forme e ritmi dell’imprevedibile”, Acta Semiotica, II, 3, 2022.


10 Cfr. P. Fabbri, Elogio di Babele, Roma, Meltemi, 2000.


11 A.J. Greimas, J. Courtés, op. cit., p. 281.

Rivediamo la dinamica del bel gesto che Greimas definisce attraverso l’analisi della ballata di Friedrich Schiller, Il guanto12. La dama che lascia cadere il guanto nell’arena delle fiere per sfidare il suo spasimante a riportarlo, non fa altro che mettere alla prova il cavaliere allo scopo di inscriverlo entro la griglia dei valori del collettivo (l’essere valoroso, degno dell’amore etc.). Diversamente, il gesto dell’eroe che compiuta la prova schiaffeggia la dama, creando così una frattura del ritmo, interroga il valore dei valori e apre lo spazio della loro definizione. Cosa è l’amore ? Chi è degno ? Quando è persona ?

12 A.J. Greimas, J. Fontanille, art. cit.

Si manifesta così la tensione tra regolarità opposte. Lo stesso Greimas definisce questa dinamica autodescrittiva come un meccanismo che enuncia lo stato dei valori. La risemantizzazione quindi si configura come un ripensamento dei valori. Un meccanismo che situa l’azione semiotica del collettivo al livello della metacultura13.

13 J.M. Lotman, op. cit.

2. La moda. O della stravaganza

Ciò che ci proponiamo è di dar corpo ad un approccio sensibile al carattere metasemiotico della moda14. Questa posizione si richiama alle osservazioni di Lotman che definisce la moda metronomo dello sviluppo culturale :

Nello spazio culturale dell’abbigliamento si svolge una costante lotta tra la tendenza alla stabilità, all’immobilità (tendenza psicologicamente vissuta come giustificata dalla tradizione, dall’abitudine, dalla moralità) e l’orientamento opposto verso la novità, la stravaganza (…). Ciò permette di interpretarla sia come dominio di capricci mostruosi, sia come sfera di creatività innovativa. Un elemento obbligatorio della moda è la stravaganza.15

14 Cfr. U. Volli, “Moda e abbigliamento”, in I. Pezzini, B. Terracciano (a cura di), La moda fra senso e cambiamento, Milano, Meltemi, 2020.


15 J.M. Lotman, Kul’tura i Vzryv, Moskva, Gnosis, 1992 ; tr. it. La cultura e l’esplosione, Milano, Feltrinelli, 1993, pp. 103-104.

Non c’è quasi bisogno di sottolineare le rime che sembrano comporre un dialogo tra Lotman e l’autore di Dell’imperfezione16. La moda infatti viene descritta come un sistema modellizzante che reagisce all’abitudine con una forma di stravaganza, un guizzo, che potenzialmente genera effetti tanto mostruosi quanto creativi. In altri termini, essa si presenta come una forma di esplosione che apre lo spazio semiotico su possibilità impensate e equiprobabili17.

16 A.J. Greimas, De l’Imperfection, Périgueux, Fanlac ; tr. it. Dell’imperfezione, Palermo, Sellerio, 1988.


17 J.M. Lotman, op. cit.

A questo punto non risulta difficile riconoscere, negli effetti della stravaganza, la rima con l’accidente estesico, le dinamiche della frattura e delle scappatoie tratteggiate da Greimas, a maggior ragione per (l’insolita) comparsa di una isotopia sensibile — il capriccio, il mostruoso — all’interno del discorso di Lotman. Non sembra allora un caso che entrambi gli autori, alla fine della propria ricerca, ritornino sulla sfera della moda, ciascuno dalla propria prospettiva, per portarla come esempio di dinamica creativa capace di generare una risemantizzazione dei sensi e del senso18.

18 I. Pezzini, “Greimas e l’invenzione semiotica della moda”, in I. Pezzini, B. Terracciano (a cura di), La moda fra senso e cambiamento, Milano, Meltemi, 2020.

La stravaganza con cui spesso percepiamo la moda è il risultato di un insorgere dell’imprevedibilità nello spazio della cultura. Quella congiunzione dell’incongiungibile necessaria all’autodescrizione e alla sopravvivenza dei sistemi semiotici.

3. Alcune necessarie stravaganze

3.1. L’adorazione della Vergine di Gucci

Per dare un esempio del lavoro metasemiotico nel segno della stravaganza partiamo da un classico della comunicazione di moda19.

Si tratta della celebre campagna pubblicitaria Public Enemy (2003) realizzata da Mario Testino per Gucci, sotto la direzione creativa di Tom Ford. Segnatamente prendiamo l’immagine destinata a divenire icona. È l’annuncio in cui una modella in piedi con le gambe leggermente divaricate mostra il pube ad un ragazzo inginocchiato20. Tutto normale, per così dire, se non fosse che nell’inguine rasato appare il logo del brand. La G di Gucci.

19 Riprendiamo qui per rielaborarli alcuni casi trattati in P. Sorrentino, “Metamoda. Dinamiche di risemantizzazione”, Versus, 1, 2022.


20 Per la visione della campagna Gucci si rinvia al seguente link : https://www.vogue.fr/vogue-hommes/fashion/diaporama/the-best-tom-ford-gucci-campaigns/25910.

Proprio questa stranezza invita lo spettatore a interrogarsi sulla scena. A fronte delle altre immagini della campagna, e più in generale della moda di quegli anni, con corpi fortemente erotizzati, la situazione tra i due giovani chiusi in quella che appare una stanza d’albergo, sembrerebbe rinviare ad un cliché pruriginoso.

Tuttavia, il testo stesso rende possibile un altro percorso di senso. Osservando l’immagine non possono sfuggire una serie di dettagli che ci fanno vacillare. Anzitutto, la tenuta della pelle della ragazza, finanche la sua livrea, appare artificiale. Alla stregua di un manichino, il suo corpo assume un aspetto inorganico. Forse è una bambola. O un automa. D’altra parte, il giovane è rivolto alla zona erogena del corpo-oggetto, ma forse ammira la griffe. Allora, qual è l’oggetto di valore ? il pube ? il logo ? entrambi ?

A complicare le cose è anche l’aspetto durativo dell’azione, la quale sembra risolversi nel gesto di ostensione. In realtà, tutto nella scena richiama un’atmosfera sospesa. Così, la posa e l’espressione del giovane in ginocchio, la configurazione delle luci che illuminano il volto, sembrano pian piano dissolvere l’isotopia erotica per richiamare quella del sacro. Ecco apparire una scena di venerazione.

Così, non siamo più di fronte ad una abituale rappresentazione del corpo (femminile) sessualizzato, ma alla ostensione di un corpo (inorganico) griffato. L’oggetto di valore non è il sesso ma la griffe. Anzi, l’eroticità della griffe.

Ecco un caso di metamoda, un discorso sul valore dei valori.

Una comunicazione in grado di disvelare, senza smettere di ricreare il feticismo della marca21 : un rapporto in cui convergono fede mistica e attrazione erotica. E con esso (d)enuncia il desiderio oggettuale in cui il soggetto diviene marca e la marca diviene soggetto.

21 M. Canevacci, Una stupita fatticità, Milano, Costlan, 2007.

Operazione tanto più interessante se si pensa che negli stessi anni il logo è al centro di numerose polemiche, tanto che si arriva a parlare di logomania. In tal senso è emblematico il libro di Naomi Klein, No-logo, che fa di questo “significante vuoto” un simbolo del decadimento morale scaturito dalla globalizzazione22. Il che non lascia dubbi sull’identità del public enemy.

22 G. Marrone, Il discorso di marca, Roma-Bari, Laterza, 2007.

Se l’attacco a questo segno della comunicazione appare oggi un po’ datato, la campagna di Testino rivela l’efficacia delle strategie di comunicazione che mentre operano a livello della metacultura attivano relazioni inattese.

3.2. Brandalism e Siduations

Per tornare agli attacchi più recenti che da diverse parti vengono rivolti ai segni della comunicazione, tra i casi più interessanti possiamo citare un progetto che prende il nome di una corrente artistica, il brandalism, la cui poetica consiste appunto in pratiche di vandalizzazione dei brand. Il progetto, sviluppato a Parigi nel 2015 in occasione di Cop21, sviluppa una massiccia operazione collettiva durante la quale 600 opere in formato poster di 80 artisti sono state allestite nella città al posto degli spazi dedicati alle inserzioni pubblicitarie. L’obiettivo generale dell’azione collettiva, come dichiarato dagli organizzatori, era di appropriarsi di quello spazio pubblico concesso esclusivamente agli inserzionisti (brand che hanno il potere di comprarlo) e, attraverso lo spaesamento che ne deriva, denunciare l’ideologia consumistica che motiva la concessione a scopo pubblicitario. Allo stesso tempo, con i contenuti delle singole opere, si volevano attaccare le grandi industrie attraverso una parodia del linguaggio pubblicitario del quale conserva i supporti, i visual e le grafiche accattivanti, ma inverte il senso degli slogan ribaltando così il messaggio euforico dell’annuncio. Basti pensare ad un poster del tutto simile a quelli comunemente “firmati” dal brand Volkswagen che però recitava “ci spiace siamo stati beccati e ora stiamo cercando di farvi credere che teniamo all’ambiente”.

In relazione alla stessa corrente si può citare il caso esemplare della street-artist che prende il nome di Princess Hijab, la quale denuncia l’etnocentrismo francese, che vorrebbe vietare l’uso del velo islamico, disegnando con dello spray nero lo hijab sui corpi dei modelli che posano seminudi negli annunci dei brand di moda23.

23 È esemplare l’intervento realizzato dall’artista sui manifesti di una campagna di Dolce & Gabbana. Cfr. M.P. Pozzato, “Dal velo tradizionale alla modest fashion islamica”, in I. Pezzini, B. Terracciano (a cura di), La moda fra senso e cambiamento, Milano, Meltemi, 2020.

D’altra parte, la moda parla di se stessa attraverso le collezioni per poi essere tradotta nella sfera dei social. Prendiamo, ad esempio, un post dal profilo Instagram di Siduations che pone ironicamente enfasi sul modo in cui — facendo eco alla distinzione barthesiana tra indumento-mondo e indumento-moda24 — i segni della moda, cioè in questo caso i tratti vestimentari della spallina larga e del vitino a vespa, già estremizzati dalle linee di Balenciaga, vengono distorti fino all’eccesso dalla collezione di Viktor & Rolf dedicata a Dracula (2022). Il risultato è interrogarsi sul senso della moda, come fa la modella nel post : where are we going in all this couture ?

24 Eléments de sémiologie, op. cit.

Fuor di ironia, sono proprio queste torsioni del senso, a cavallo tra gioco e serietà, che portano il segno di moda oltre il proprio limite “naturale”, a consentire alla moda di parlare di se stessa ; non nel modo auto-riferito e auto-celebrativo a cui siamo abituati fino alla noia; ma semmai nel modo auto-critico che le consente di superarsi e al contempo di recuperarsi. E così di farci ricredere nella sua relazione : andare oltre il senso della moda.

3.3. Hackeraggi

L’obiettivo dell’approccio semiotico che stiamo delineando è tra gli altri mostrare come attraverso i testi e i linguaggi le diverse entità sociali — brand, stylist, influencer, celebrity, sub-culture, eccetera — affermano e si contendono gli spazi di valore.

In tal senso una tendenza esplosa negli ultimi anni vede i brand creare delle inedite forme di alleanza. C’è da chiedersi quindi quale possa essere il senso delle pratiche di collaborazione come ad esempio quella tra Gucci e Balenciaga, The Hacker Project, che ha visto il mescolamento delle reciproche identità di marca. Senza poter qui approfondire l’analisi, ciò che sembra interessante sottolineare sono i significati potenziali che queste collaborazioni fanno emergere in relazione al periodo storico contrassegnato dalle crisi sociali.

Una tale correlazione sposta le collaborazioni di marca oltre il loro senso commerciale per farne almeno potenzialmente degli esempi di attualizzazione dei valori di cooperazione e di inclusività. Questi tipi di alleanze non sono delle manifestazioni della capacità dei brand di rinnovarsi rinunciando alle logiche della competizione e del possesso esclusivo di spazi di potere — cioè dei loro valori etici ed estetici — da sempre contesi e difesi ?

La semiotica procede in vista del senso generato dalle manifestazioni discorsive. Allora, si pensi alla dichiarazione del Direttore creativo di Balmain con cui si apre la pagina del sito dedicata al progetto Bailman x Barbie : “Barbie e Balmain si sono unite in un’avventura multiculturale, inclusiva e sempre piena di gioia” (Olivier Rousteing). Non sembra questa avventura un modo di risemantizzare il brand e più in generale la moda ? Di riconfigurarne il valore e l’attualità sociale ?

È questo, per fare un altro esempio, il caso di Valentino che invita il giovane stilista Marco Rambaldi all’interno di un suo spettacolo, dandogli una visibilità e riconoscibilità altrimenti impossibili. Un’azione che equivale ad un bel gesto, un atto che entra in relazione con il sistema di valori sociali abituali affermandone di altri : in un mondo dove regna la competizione, il gesto di Valentino afferma un valore di inclusività, solidarietà e mecenatismo.

3.4. Stylist

Può essere ora interessante spostare l’analisi sulle poetiche quotidiane dei comportamenti di consumo. Cioè sui riferimenti presupposti e sui significati implicati da certe pratiche vestimentarie. Il riferimento è alla tendenza delle culture giovanili che amano frequentare mercatini e negozi specializzati alla ricerca di articoli più o meno vintage e, infine, dilettarsi in un bricolage creativo che si allontana molto dai dress-code — dalle regolarità, prassi dell’enunciazione, regole di combinazione, sintassi che dettano le compatibilità semantiche — a cui ciascuna figura vestimentaria rinvia nelle sue forme originarie.

Così, ad esempio, si vedono persone più o meno giovani, ostentare look del tutto inattesi : un paio di sneakers della New Balance di colore blu acceso convivono con pantaloni verde acido di tipo classico con le pince, un cardigan del nonno con fantasie pseudo-natalizie, una camicia a righe con collo alto da business-man, e magari un cappello con visiera della Polo Ralph Lauren, di colore blu e logo rosso.

 

Cosa possiamo dire sul senso di queste pratiche di vita ? Significano farsi beffa del potere dell’industria della moda ? Sono una sorta di nuovo dandysmo, come lo intende Eric Landowski25 ? In effetti, sembra una dichiarazione di indipendenza rispetto alla regolarità della moda proposta dai brand di fast-fashion e couture. Tuttavia, questi usi della moda e del costume sembrano produrre molteplici effetti di senso.

25 Présences de l’autre, Paris, P.U.F., 1997, cap. 2.

Sono revival che confermano repertori evergreen. Sono manifestazioni dell’attuale assiologia del consumo che assembla libertà, creatività e sostenibilità. Sono forme di auto-ironia che si fanno beffa della compravendita delle identità sociali al mercato delle formazioni vestimentarie. Rimanendo all’esempio, il nonno, l’uomo d’affari, lo sportivo elegante, sono forme di vita (ruoli tematici e target) catturate e tradotte dai brand in stili vestimentari fortemente codificati (costume). Tuttavia, queste serie di identificazione sono negate dagli atti concreti : le figure vengono ri-localizzate in trame di relazioni globali — attori, spazi, tempi — del tutto inattese. Ad esempio, le vediamo indossate dagli stylist mentre curano il look dei cantanti al festival di Sanremo o presenziano alle settimane della moda.

Quello che pare emergere è una operazione di meta-moda, una pratica che ri-definisce il senso della moda. O meglio il senso dei valori della moda : stile, capriccio, ironia, stravaganza. Ciascuno di questi valori sembra essere presente in queste formazioni che al tempo stesso li lega ad un senso di indipendenza e unicità proprie della personalità del singolo.

Cos’è lo stile se non la definizione di una personalità semiotica 26?

26 J.M. Lotman, op. cit., 1992.

3.5. Trasgressione e bellezza

D’altra parte, posizionarsi a livello meta dei processi implica sempre una creazione di mondo, definire le categorie entro cui selezionare, posizionare e definire le figure che lo compongono.

Si tratta di giochi creativi che, con Lotman e Greimas, possiamo distinguere a seconda che si pongano in discontinuità (frattura) o in continuità (re-invenzione) rispetto al ritmo del senso.

Possiamo vedere in atto questi due modi di fare mondo nelle poetiche di due brand che hanno segnato i destini della moda negli ultimi anni. Il primo è il brand Gucci guidato da Alessandro Michele. Il secondo è la maison Valentino diretta da Pierpaolo Piccioli. La prima cosa che va notata è che entrambi sono parte di quella realtà che fino a qualche anno fa era la periferia della moda, cioè la città di Roma rispetto a quella di Milano, ma che grazie alla loro azione creativa si è affermata come una nuova centralità ; anzi, l’identificazione di questi brand con la Città Eterna ne ha fatto un polo creativo in qualche misura nuovo rispetto alla già affermata Milano, la quale rimane capitale di una moda accelerata, delle fashion week e dei social che vede in Chiara Ferragni un proprio modello.

Un aspetto interessante dell’avventura di Michele è di aver lavorato da una posizione decentrata dalla quale è riuscito a produrre un nuovo centro, un’altra moda. Una moda oltre la moda, tesa a esplorare zone opache della contemporaneità. Si pensi allo spettacolo in cui i modelli sfilano all’interno di una sala operatoria, con la copia delle proprie teste a braccetto. Messa in scena del simulacro di una moda capace di intervenire chirurgicamente sui corpi. Anestetizzarli, sezionarli, modificarli. E soprattutto, nel migliore dei mondi possibili, cercare di offrire loro una cura da mali feroci, come le eterotopie studiate da Foucault e citate da Michele.

Ancora, si pensi allo spettacolo allestito da Michele in occasione del Met Gala 2022 nel quale annuncia l’avvento della “fine della moda”. Un teatro che mostra le figurine della moda e del cinema. Personaggi pronti all’uso, rispetto ai quali non promuovere una identificazione a lungo termine, ma piuttosto dei pupazzi con i quali giocare indossandoli quel tanto che basta per non annoiarsi, anche il tempo di una sera. Look che mettono in dialogo gli stili uni con gli altri come in un grande museo della moda.

A questa strategia giocata sulla frattura del processo di moda, che mette in scena un tratto terminativo in vista dell’apertura di una nuova fase (profezia che sembrava avverarsi con la pandemia), si oppone la strategia che afferma la continuità al di sotto del segno della moda. Una strategia che gioca su un aspetto durativo, portata a tradurre la tradizione per attualizzarla nel tempo presente.

Si prenda ad esempio l’ultima collezione di Valentino (2022) nella quale Piccioli prova a riaffermare i canoni dell’eleganza e della bellezza, da sempre valori della maison romana, nell’orizzonte della rinuncia all’uniformità, per una apertura alla libertà, molteplicità e dinamicità, delle forme del bello.

Così, dove Michele nel lanciare le sue collezioni propone hashtag come #theend, dando il segno della frattura, Piccioli sceglie #theanatomyofbeauty, dando il segno di una esplorazione del sistema. Insomma, dove il primo vuole rivoluzionare il sistema della moda mettendo la parola “fine”, l’altro opera nella prospettiva di una continuità (il valore della bellezza) da tradurre (in una forma non assoluta). O meglio, di una forma di vita che si ri-definisce, si ri-semantizza, ristrutturando il senso della tradizione.

Ciò non significa che nella dissoluzione di Michele non vi sia tradizione. In fondo, come la bellezza è il valore di Valentino, così la trasgressione è il valore di Gucci. In tal senso, Michele non fa che rinnovare la tradizione della moda, la tradizione del nuovo.

Conclusioni

Alla fine di questa carrellata di esempi proviamo a fare alcune osservazioni di carattere generale sul fenomeno che abbiamo chiamato metamoda.

Per scongiurare il rischio di sostanzialismo va ricordato che le posizioni di inglobante e inglobato, assunte dai linguaggi nel quadro dell’operazione metasemiotica, sono sempre relazionali. La metamoda è quindi la manifestazione sensibile di una procedura tesa ad attivare una funzione semiotica di cui i linguaggi sono i termini finali. Non c’è dunque un metalinguaggio e una semiotica oggetto se non nel quadro di una azione che stabilisce i reciproci rapporti di forza i quali sono reversibili.

In generale, come abbiamo provato a mostrare, la metamoda è una strategia che lavora sulle regolarità interne ad un sistema semiotico per spingere in superficie le necessarie contraddizioni e tensioni interne. Ora, un tale lavorio semiotico, ancora intrecciando la terminologia di Greimas e Lotman, tenderà a generare diverse forme di frattura, sincope, esplosione, turbolenza, nel quadro delle formazioni semiotiche, culturali e politiche di una sensibilità collettiva.

Facciamo un ultimo esempio provando a mettere in risonanza il Metaverso, nuovo territorio di conquista della moda, con la serie di Matrix, con la sua duplicazione del mondo. Matrix ingloba ciò che con Greimas può essere definito come il mondo naturale, il quale per essere salvato richiede un eroe capace di varcare la metafrontiera. Sotto questa chiave non è poi così strano che gli appelli alla cura del pianeta siano lanciati da influencer che esistono solo nella rete. È il caso della seguitissima modella Noonoouri che su Meta si presenta così : my job is to create more happiness in the real world. Paradosso della metasemiotica, al quale fa eco la lezione di Lotman : per restare noi stessi non dobbiamo smettere di tradurci (e divenire altro).

 

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Volli, Ugo, “Moda e abbigliamento”, in I. Pezzini, B. Terracciano (a cura di), La moda fra senso e cambiamento, Milano, Meltemi, 2020.

 


1 G. Marrone, Il discorso di marca, Roma-Bari, Laterza, 2007.

2 L. Hjelmslev, Prolegomena to a Theory of Language, Madison, The University of Wisconsin Press, 1961 ; tr. it. I fondamenti della teoria del linguaggio, Torino, Einaudi, 1968, p. 122.

3 R. Barthes, Eléments de sémiologie, Paris, Seuil, 1964 ; tr. it. Elementi di semiologia, Torino, Einaudi, 1966, p. 80.

4 A.J. Greimas e J. Courtés, Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage, Paris, Hachette, 1979 ; tr. it. Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, Milano, Mondadori, 2007, p. 198.

5 J.M. Lotman, La Semiosfera. L’asimmetria e il dialogo nelle strutture pensanti, Milano, La nave di Teseo, 2022. p. 68.

6 J.M. Lotman, op. cit., p. 69.

7 Semiotica. Dizionario, op. cit., p. 280.

8 A.J. Greimas, J. Fontanille, “Le beau geste”, RSSI, 13, 1-2, 1993 ; tr. it. “Il bel gesto”, in M.P. Pozzato (a cura di), Estetica e vita quotidiana, Milano, Lupetti, 1995.

9 Cfr. F. Sedda, “Logiche della turbolenza”, Versus, 133, 2, 2021 ; id., “Forme e ritmi dell’imprevedibile”, Acta Semiotica, II, 3, 2022.

10 Cfr. P. Fabbri, Elogio di Babele, Roma, Meltemi, 2000.

11 A.J. Greimas, J. Courtés, op. cit., p. 281.

12 A.J. Greimas, J. Fontanille, art. cit.

13 J.M. Lotman, op. cit.

14 Cfr. U. Volli, “Moda e abbigliamento”, in I. Pezzini, B. Terracciano (a cura di), La moda fra senso e cambiamento, Milano, Meltemi, 2020.

15 J.M. Lotman, Kul’tura i Vzryv, Moskva, Gnosis, 1992 ; tr. it. La cultura e l’esplosione, Milano, Feltrinelli, 1993, pp. 103-104.

16 A.J. Greimas, De l’Imperfection, Périgueux, Fanlac ; tr. it. Dell’imperfezione, Palermo, Sellerio, 1988.

17 J.M. Lotman, op. cit.

18 I. Pezzini, “Greimas e l’invenzione semiotica della moda”, in I. Pezzini, B. Terracciano (a cura di), La moda fra senso e cambiamento, Milano, Meltemi, 2020.

19 Riprendiamo qui per rielaborarli alcuni casi trattati in P. Sorrentino, “Metamoda. Dinamiche di risemantizzazione”, Versus, 1, 2022.

20 Per la visione della campagna Gucci si rinvia al seguente link : https://www.vogue.fr/vogue-hommes/fashion/diaporama/the-best-tom-ford-gucci-campaigns/25910.

21 M. Canevacci, Una stupita fatticità, Milano, Costlan, 2007.

22 G. Marrone, Il discorso di marca, Roma-Bari, Laterza, 2007.

23 È esemplare l’intervento realizzato dall’artista sui manifesti di una campagna di Dolce & Gabbana. Cfr. M.P. Pozzato, “Dal velo tradizionale alla modest fashion islamica”, in I. Pezzini, B. Terracciano (a cura di), La moda fra senso e cambiamento, Milano, Meltemi, 2020.

24 Eléments de sémiologie, op. cit.

25 Présences de l’autre, Paris, P.U.F., 1997, cap. 2.

26 J.M. Lotman, op. cit., 1992.

 

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Résumé : A partir de l’analyse de quelques dynamiques créatives qui s’inscrivent dans le champ ludique de la mode, nous tentons de démontrer l’étroite corrélation entre la dynamique de resémantisation définie par Greimas et Courtés dans le Dictionnaire de sémiotique et le mécanisme de méta-description de la culture décrit par Jurij M. Lotman dans la Sémiosphère. De cette manière, il est possible d’étudier la dynamique créative de la resémantisation au niveau de la métaculture.


Resumo : Meta-moda. Dinâmica de reflexividade performativa. — A partir da análise de algumas dinâmicas criativas que se inscrevem no campo lúdico da moda, tentamos demonstrar a estreita correlação entre a dinâmica de ressemantisação definida por Greimas e Courtés no Dicionário de semiótica e o mecanismo de meta-descrição da cultura descrito por Jurij M. Lotman em La Semiosfera. Deste modo, é possível estudar a dinâmica criativa da ressemantisação no plano da metacultura.


Abstract : Starting from the analysis of some creative dynamics captured by the playful field of fashion, we try to demonstrate the close correlation between the dynamics of resemantization defined by Greimas and Courtés in Dictionary of Semiotics and the mechanism of meta-description of culture outlined by Jurij M. Lotman in Semiosphere. In this way, emerges the possibility of studying the creative dynamics of resemantization at the level of metaculture.


Riassunto : Analizzando una serie di pratiche creative nella sfera della moda, cerchiamo di dimostrare la stretta correlazione tra le dinamiche di risemantizzazione definite da Greimas e Courtés nel Dizionario di Semiotica e il meccanismo di metadescrizione della cultura descritto da Jurij M. Lotman nel saggio La semiosfera. Questa tensione apre una finestra sulla dinamica di risemantizzazione a livello della metacultura.


Mots clefs : création, dynamisme, métaculture, structuralisme, systèmes culturels.


Auteurs cités : Roland Barthes, Massimo Canevacci, Paolo Fabbri, Algirdas J. Greimas, Louis Hjelmslev, Eric Landowski, Jurij M. Lotman, Gianfranco Marrone, Isabella Pezzini, Maria Pia Pozzato, Franciscu Sedda, Ugo Volli.


Plan :

Introduzione

1. Note di metasemiotica

2. Moda. O della stravaganza

3. Alcune necessarie stravaganze

1. L’adorazione della Vergine di Gucci

2. Brandalism e Siduations

3. Hackeraggi

4. Stylist

5. Trasgressione e bellezza

Conclusioni

 

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Recebido em 10/04/2024. / Aceito em 10/05/2024.