Forum-dossier : Quelques paradoxes du « post- » consumérisme

Post ?

Giulia Ceriani
Università di Bergamo
baba consulting, Milano

Publié en ligne le 22 décembre 2021
https://doi.org/10.23925/2763-700X.2021n2.56798
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1. Che cosa significa /POST/

/Post/, ben noto prefisso della parola /post-consumerismo/, è vocabolo che indica, quando contrapposto a /pre/ una successione, un avvicendamento nel tempo (esempio : post-bellico) ; ma può anche contrapporsi ad /ante/, e allora esprimere un’opposta posizione nello spazio (es. : post-parietale). In entrambi i casi con significati di volta in volta associati al superamento / evoluzione, ma anche alla ricomparsa / revisione di un concetto dato, in ogni caso alla sua diversa e contraria collocazione.

/Post/ mette dunque in rapporto due porzioni di senso, postulando il simulacro di una relazione causa-effetto di fatto perturbata : non è detto che quello che prima è stato abbia determinato quanto consegue, né che quanto abbiamo fisicamente incontrato in precedenza generi quello in cui inciamperemo poi. Vale certamente a chiudere / concludere quanto gli si antepone ma in qualche caso anche a negarlo, assumendo che la contrarietà logica sia responsabile di una presupposizione reciproca ma anche di un successivo investimento di valore, teso in genere a privilegiare la vantaggiosità del superamento. Lo testimoniano, riteniamo, i troppi /post/ che riempiono la scena della nostra contemporaneità, dal “post femminismo” alla “post verità”, dal “post digitale” al “post umanesimo”, allo stesso “post consumerismo” : dove ci si affolla intorno a definizioni che sembrano più far riferimento a una necessità di rilancio del concetto in questione, usurato probabilmente da troppi e controversi investimenti, che non da un’effettiva ridefinizione.

E’così che l’utilizzo del prefisso /post/ appare come una scorciatoia che poggia da un lato su una notorietà acquisita o quanto meno presunta — tale da indurre complicità nel destinatario — e dall’altro sulla creazione di un’aspettativa di revisione / rinnovamento / altro investimento semantico, che dovrebbe teoricamente rinnovarne l’attenzione. Sul piano narrativo, assistiamo da subito all’introduzione di una duplice attesa, quella semplice di congiunzione con un oggetto di valore che stabilisce un terreno di comune convenzione (io so che voi sapete di cosa parlo), strumentale a una seconda attesa, di natura fiduciaria questa volta, che invita a ripensare quanto assestato per concordare sulla novità della nuova proposta. /Post/ è allora responsabile di un teatrino minimo della manipolazione persuasiva, che promuove una semi-simbolica elementare, dalle coordinate topologiche posteriorità / anteriorità, comuni a tempo e spazio, alle categorie semantiche superamento / decadimento, all’inseguimento di un’ideologia della novità e per meglio dire dell’innovazione che è del tutto tipica del nostro tempo.

 

2. Perché /Post/ a proposito del consumerismo

Nelle scienze sociali, il termine /post-/ è entrato di prepotenza con il saggio di Lyotard del 1978, La condition post-moderne, che ha sancito l’avvio di una stagione dedicata alla validazione di un principio di relativismo, autoreferenzialità, anarchia intellettuale e estetica1. Il criterio è quello di una negazione della modernità come paradigma del razionale, per approdare al decostruzionismo interpretativo e all’arbitrio della soggettività. Molti sono stati gli studiosi (Jacques Derrida, Jean Baudrillard, Gianni Vattimo, tra gli altri2), così come gli artisti e gli architetti, inscrittisi in questa corrente che aveva, all’origine, una vis rivoluzionaria significativa.

1 J.-Fr. Lyotard, La condition post-moderne, Paris, Minuit, 1979.

2 J. Derrida, La Dissémination, Paris, Seuil, 1972. J. Baudrillard, Les stratégies fatales, Paris, Grasset, 1983. G. Vattimo, La società trasparente, Milano, Garzanti, 1989.

Per quanto tuttavia riguarda l’ambito del consumo, vogliamo ricordare in particolare Zygmunt Bauman, che con la metafora di “liquidità”, e nella specie per quanto riguarda il consumo con quella di “sciame”, ha voluto sottolineare il passaggio a uno stato di relativa imprevedibilità di atteggiamenti e comportamenti connessi, di fluidità autodeterminata e mutevole, tale da impedire il raziocinio e la ricerca di coerenza che era alla base del tradizionale principio di segmentazione3. E con la segmentazione, di una proposta di consumo per cui un’offerta di alcuni beni destinata ad alcune parti della popolazione, era suscettibile di incrociare la loro stessa domanda.

3 Z. Bauman, Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Trento, Erikson, 2007.

La liquidità disgrega dal canto proprio l’idea di una coerenza riconoscibile all’interno di atteggiamenti e comportamenti, lo stesso concetto che riprende Michel Maffesoli, quando gli sostituisce la nuova metafora della “tribù” : passaggio metaforico dallo stato liquido allo stato gassoso, ulteriore rarefazione dell’identificazione4.

4 M. Maffesoli, Du nomadisme. Vagabondages initiatiques, Paris, Le livre de poche, 1997.

Perché questo conta per noi? Perché l’idea di post-consumerismo si fonda anzitutto su un principio di individuazione che disgrega la scelta indirizzata a una collettività come sub-insieme di un più vasto contesto, ma accomunata da tratti di pertinenza condivisi. Demolito questo principio sulla scorta di un criterio di autodeterminazione che l’empowerment tecnologico ha tanto determinato quanto accresciuto esponenzialmente, il singolo soggetto ha virato verso un fronte valoriale sovradeterminato dall’interesse privato vs quello collettivo : è così che gli investimenti tematici della sostenibilità, della responsabilità etica, del salutismo, della scelta anti-industriale, del riciclaggio, in sintesi, vengono a contrapporsi all’omaggio alla società industriale reso dal consumismo e da una generica idea, ad esso direttamente connessa, di accumulo senza conseguenze.

Il prefisso /post-/ indica dunque la volontà o l’illusione, comunque la ricerca e l’ostensione, di una motivazione non conforme : né estetica né edonistica né tanto meno etica in senso proprio, quanto illusa dalla promessa che il consumo post-industriale possa ritornare ad essere artigianale, umanamente controllato. E contemporaneamente tech-empowered, tanto che la cifra propria al post-consumerismo è probabilmente proprio quella della craftology, termine complesso che somma tecnologia e arti manuali.

3. Strategie POSTconsumeriste

Ci sembra dunque necessario, a questo punto, puntualizzare che cosa, nella nostra prospettiva, implichi la presa in conto di una concezione /post-/ che non sia semplicemente una scorciatoia per la qualificazione di una differenza a rischio di pagare un tributo indebito, tanto a un’ideologia del rinnovamento che all’incapacità di definizione di un pre/post all’interno del campo semantico del consumerismo stesso.

E’ così che possiamo provare a portare la nostra nozione all’interno di un quadrato semiotico che presenterà le seguenti posizioni :

— PRE- (X) : polarità propria alla concezione del consumismo per come è depositato nell’esperienza della crescita industriale che ha attraversato il Novecento post-bellico e i primi anni del nuovo secolo : abbondanza senza soluzione di continuità, e un’idea di mercato basata sulla pianificazione della relazione tra offerta e domanda ;

 

— POST- (Non X) : il suo contraddittorio, posizione incompatibile perché qualificata dalla valorizzazione della decrescita, del contenimento, della rarefazione e del riciclo5 ; chiede una strategia di aggiustamento, in funzione della necessità di mantenere in equilibrio la circolarità della relazione economica ;

5 Cf. S. Latouche, La scommessa della decrescita, Milano, Feltrinelli, 2007.

— LAST- (Non Y) : il suo contrario, stante che tratta dell’ideologia che ha costruito, secondo una strategia di manipolazione delle utenze, l’illusione di un accesso senza conseguenze al consumo discriminato, sostenuto dall’apertura dei crediti e dalla promessa di una felicità da acquisire attraverso il possesso dei beni materiali ;

— NEXT (Y) : ultima e non meglio qualificata posizione, che, data come implicazione dal POST(consumerismo), dovrebbe affermare l’avvento di una società in cui il consumo può essere al centro di un’esplorazione della casualità e del caos intesi come strategie, in sé logicamente concepibili ma di fatto assai difficilmente (se non paradossalmente) praticabili nel contesto di un’economia di mercato.

Riportiamo nel quadrato qui sotto le diverse posizioni6 :

L’impasse che marca l’insistenza, negli studi sul consumo, intorno all’area POST consumerista delle discussioni, si spiega dunque a nostro avviso con la difficoltà di definizione di una chiara qualificazione di quanto si oppone alla consueta nozione di consumo : chiarito che quella non ci corrisponde più, quanto qualifica la congiuntura presente non è, ci pare, la buona volontà etica di “cura del mondo”, bensì la difficoltà di conciliare profitto economico e scarsità (se non nella nicchia del lusso, che è però per l’appunto una nicchia). Piuttosto, la qualificazione di quanto verrà (NEXT) dovrebbe inscriversi nell’output derivato da una somma di tre fattori che riteniamo essere oggi massimamente rilevanti : confusione identitaria, offuscamento del credo nell’onnipotenza tecnologica, crisi economica e pandemica.

6 I termini relativi alla qualificazione delle strategie : /pianificazione/, /casualità/, /manipolazione/, /aggiustamento/ riferiscono al modello proposto da E. Landowski, Rischiare nelle interazioni, Milano, FrancoAngeli, 2010.

4. Trasformazioni

Pensiamo allora che la valenza POST applicata al consumerismo e qualificata da una strategia di aggiustamento che implica necessariamente resilienza, circolarità e breve termine delle azioni, debba preoccuparsi dell’oscillazione portata dall’esperienza del vuoto/della figuratività vacante nella quale il mondo è attualmente coinvolto. Il concetto di consumo non trova più appiglio nelle forme convenzionali della sua rappresentazione, dalla tematica delle occasioni d’uso alla periodicità della sua ricorrenza, dalla corrispondenza con la tipologia di valore alla sua circolazione, che appare interrotta. L’atto del consumare non ha con ogni evidenza più nulla a che vedere con lo status, con il genere, con l’opposizione alle convenzioni o con l’espressione della ribellione a queste stesse.

E’ così che la connotazione etica assegnata al consumo contemporaneo prova a riconoscere delle ragioni eterodirette : salvare il pianeta, la nostra salute, la prosecuzione della specie umana, invece di qualificare la bellezza, la ricchezza, o più semplicemente la diversità.

Parlando di post-consumerismo parliamo di fatto dello stato di difficoltà contemporaneo a riconoscere come valide le motivazioni dell’economia di mercato, mentre appare ancora più valida la constatazione di Bauman sul fatto che mai come ora il consumo è diventato un atto individuale e solitario, che difficilmente serve a riconnettere a una comunità di fatto, di stile o di pensiero7.

7 Cf. Z. Bauman, op. cit.

Possiamo allora cominciare a chiederci, per arrivare a definire realmente una nuova forma di consumo e non fermarci all’aspetto di pura negazione / transizione del post-consumerismo, se non sia il vuoto stesso al centro di un campo semantico inaugurale del pensiero sui consumi :

— l’associazione semi-simbolica tra pienezza / soddisfazione e mancanza / desiderio non è più efficace : se comincio ad associare la soddisfazione al vuoto, o più precisamente allo svuotamento (di responsabilità, azioni, relazioni, ecc.), mi accorgo che il campo semantico subisce un’inversione di valore nettissima, e al consumo positivato si sostituisce la positivazione del suo contrario, ovvero l’usura8 ;

8 G. Ceriani, “L’usura come paradigma”, in Cavalli al galoppo e pomodori, Milano, FrancoAngeli, 2018, pp. 25-33.

— individuo allora due alternative per pensare questa inversione : i) l’esclusione della pienezza come valore, che può condurre alla qualificazione etica del consumo come primo e più facile approdo del post-consumerismo ; ii) la neutralizzazione della pienezza stessa nella sua connotazione materiale, ad opera di una pienezza di segno opposto, immateriale e estesica9 (il desiderio di vuoto, per l’appunto).

Comune a tutte le riflessioni in questo senso è, mi pare, la necessità di superare con decisione il concetto di post-consumerismo, per affrontare con pienezza di strumenti la nuova stagione che si è aperta in questi mesi, e che la contingenza pandemica non ha provocato, ma certamente accelerato nelle sue conseguenze sistemiche.

9 L’associazione tra estesia e immaterialità è certamente delicata, se è vero che l’estesia è un rapporto alle qualità sensibili del mondo, ma come non pensarla viva in una direzione che interpreta il vuoto come negazione, e che dunque evoca inevitabilmente il fantasma materiale della pienezza.

Bibliografia

Alonso Aldama, Juan et Mehrvi Fazal, « “Je vais lui faire une offre qu’il ne pourra pas refuser”. Du hard power au soft power », Actes Sémiotiques, 124, 2021.

Ariely, Dan, Predictably Irrational : The Hidden Forces that Shape our Decisions, New York, Harper-Collins, 2008 ; trad. fr. C’est (vraiment?) moi qui décide : Les raisons cachées de nos choix, Paris, Flammarion, 2008.

Baudrillard, Jean, Les stratégies fatales, Paris, Grasset, 1983.

Bauman, Zygmunt, Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Trento, Erikson, 2007.

Ceriani, Giulia, “L’usura come paradigma”, in Cavalli al galoppo e pomodori, Milano, Franco Angeli, 2018, pp. 25-33.

Derrida, Jacques, La Dissémination, Paris, Seuil, 1972.

Landowski, Eric, Rischiare nelle interazioni, Milano, FrancoAngeli, 2010.

Latouche, Serge, La scommessa della decrescita, Milano, Feltrinelli, 2007.

Lyotard, François, La condition post-moderne, Paris, Minuit, 1979.

Maffesoli, Michel, Du nomadisme. Vagabondages initiatiques, Paris, Le livre de poche, 1997.

Vattimo, Gianni, La società trasparente, Milano, Garzanti, 1989.

 


1 J.-Fr. Lyotard, La condition post-moderne, Paris, Minuit, 1979.

2 J. Derrida, La Dissémination, Paris, Seuil, 1972. J. Baudrillard, Les stratégies fatales, Paris, Grasset, 1983. G. Vattimo, La società trasparente, Milano, Garzanti, 1989.

3 Z. Bauman, Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Trento, Erikson, 2007.

4 M. Maffesoli, Du nomadisme. Vagabondages initiatiques, Paris, Le livre de poche, 1997.

5 Cf. S. Latouche, La scommessa della decrescita, Milano, Feltrinelli, 2007.

6 I termini relativi alla qualificazione delle strategie : /pianificazione/, /casualità/, /manipolazione/, /aggiustamento/ riferiscono al modello proposto da E. Landowski, Rischiare nelle interazioni, Milano, FrancoAngeli, 2010.

7 Cf. Z. Bauman, op. cit.

8 G. Ceriani, “L’usura come paradigma”, in Cavalli al galoppo e pomodori, Milano, FrancoAngeli, 2018, pp. 25-33.

9 L’associazione tra estesia e immaterialità è certamente delicata, se è vero che l’estesia è un rapporto alle qualità sensibili del mondo, ma come non pensarla viva in una direzione che interpreta il vuoto come negazione, e che dunque evoca inevitabilmente il fantasma materiale della pienezza.

 

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Mots clefs: consommation, consumérisme, liquidité, stratégie.

Auteurs cités: Jean Baudrillard, Zygmunt Bauman, Jacques Derrida, Eric Landowski, Serge Latouche, Jean-François Lyotard, Michel Maffesoli, Gianni Vattimo.


Plan:

1. Che cosa significa /POST/

2. Perché /Post/ a proposito del consumerismo

3. Strategie POSTconsumeriste

4. Trasformazioni

 

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Recebido em 14/11/2020. / Aceito em 08/10/2021.