Forum : Supplément au dossier « La pandémie : hasard ou signification ? »

Il gioco del rovescio :
attori e attanti della pandemia

Pierluigi Cervelli
Università di Roma La Sapienza

Publié en ligne le 22 décembre 2021
https://doi.org/10.23925/2763-700X.2021n2.56800
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Introduzione

Il dossier pubblicato nel precedente numero di questa rivista ha già elaborato importanti elementi di modellizzazione interazionale a cui possiamo riferirci per l’analisi semiotica della pandemia attuale. In questo quadro, vorrei riconsiderare i processi che si sono sviluppati in diversi paesi (e in particolare in due tra loro ben diversi, l’Italia e la Cina), dal punto di vista dei rapporti fra attanti e attori. La mia ipotesi è che per ogni modalità di interazione cui sono riconducibili le risposte statali alla pandemia sia possibile individuare un complesso di relazioni specifiche fra attori, che consenta di caratterizzare meglio ognuna delle strategie adottate e interdefinite nel quadro di una sociosemiotica delle interazioni.

 

Questa ipotesi nasce da una riflessione sulla natura attoriale non tanto degli agenti umani, ma dello stesso virus. Come ha notato Manar Hammad nel saggio presente in questo numero, il virus non può essere concepito che come un attore collettivo : una serie di infiniti e puntiformi soggetti che provocano l’infezione di massa e che — più o meno come le chiacchiere e il pettegolezzo studiati da Paolo Fabbri e Isabella Pezzini1 — passano “di bocca in bocca” senza che se ne possa rintracciare l’origine e così passando si trasformano : è l’apparizione delle varianti2. Ma, dal punto di vista della relazione fra attori e attanti, ossia fra dinamica discorsiva e grammatica narrativa, la situazione si complica ulteriormente.

1 Cfr. P. Fabbri e I. Pezzini (a cura di), Voci e Rumori: la propagazione della parola, Versus, 79, 1997.

2 M. Hammad, “A pandemia é uma questão de espaço”, Acta Semiotica, I, 2, 2021.

1. Il virus come attante : il trickster e l’attante-jolly

Come sostiene Hammad, una delle caratteristiche del virus come attore è che i soggetti infettati e quelli sani sono indiscernibili. Gli antisoggetti rispetto ai quali il virus è competente (per produrre l’infezione) e quelli invece rispetto ai quali non può agire come soggetto del fare (non è modalizzato secondo il potere) non presentano cioè nulla che consenta di differenziarli. Il virus quindi si comporta — senza alcuna volontà, per una logica “naturale” — di volta in volta come soggetto competente o incompetente, senza che sia possibile predire una regolarità. Nè è possibile predire l’intensità degli effetti della sua azione : pure se competente, i sintomi provocati possono essere ridotti al minimo, o avere effetti mortali.

 

Per questo il suo ruolo attanziale, in questo vero e proprio gioco del rovescio3, deve essere avvicinato alla figura del trickster a cui si riferisce Greimas e che Eric Landowski ha definito attante-jolly perchè, come nei giochi di carte, può assumere qualunque ruolo tematico e camuffare il suo ruolo attanziale4. Come il trikster, l’attante soggetto virus cerca di farsi passare per qualcun altro. Si fa passare per un attante incompetente nella grande maggioranza dei casi — se non a livello di infezione a livello di danneggiamento — ma poi, improvvisamente, in alcuni casi si mostra come un antisoggetto (rispetto ad un attante soggetto umano) non solo competente ma implacabile e mortale. Il dibattito sulle varianti ha anche a che fare precisamente con questa sua natura di trikster : esso cambia ruolo attanziale ma anche competenze modali relative al potere e di fatto le varianti sono sempre più contagiose. Questa funzione semionarrativa risponde anche della variabilità degli effetti del virus, ossia della sua capacità di provocare in maniera imprevedibile degli effetti estremamente gravi, prolungati o anche mortali, fra individui sani e nessun effetto, o solo leggerissimi effetti su altri, anche in condizioni di salute peggiori.

3 “Il gioco del rovescio” è il titolo, tradotto in lingua italiana, di una raccolta di racconti scritti da J. Cortazar, fra cui “Continuità dei parchi”, con cui Greimas apre Dell’imperfezione. I racconti hanno tutti la caratteristica di far sperimentare ai lettori la parete molto sottile che separa la dimensione fantastica dalla realtà, fino a quando l’una si rovescia improvvisamente e imperfettamente nell’altra, senza ridursi al suo opposto. Per questo mi sembra un’espressione particolarmente adatta per sintetizzare la dinamica attanziale propria della modalità di azione del coronavirus.

4 Sul trickster, cfr. A.J. Greimas, Sémiotique et sciences sociales, Paris, Seuil, 1976, pp. 48-53. Sull’“actant joker”, E. Landowski, Rischiare nelle interazioni, Milano, FrancoAngeli, 2010, pp. 83-84.

Di fatto questo configura due posizioni attanziali : quella di un antisoggetto potente, capace di uccidere — disgiungere facilmente gli attanti con cui interagisce dal valore della vita — o invece di non fare assolutamente nulla, ossia, di fatto, non comportarsi come antisoggetto ma forse addirittura come adiuvante, che col suo contagio privo di effetti, immunizza colui che tocca. Ma oltre a tutto questo esiste anche una dimensione che Greimas non aveva considerato, in cui il virus agisce come un trikster “di secondo livello”. Non solo cambia infatti continuamente ruolo attanziale ma cambia anche i ruoli attanziali (indipendentemente dai ruoli tematici) dei soggetti con cui entra in contatto): trasforma i contagiati, malati e non malati (gli asintomatici, punto critico di qualunque prevenzione) in proprie armi. Chi viene infettato, e a maggior ragione in assenza di sintomi, assume il ruolo, a livello attanziale, di un aiutante o delegato del virus, ossia diffonde l’infezione, semplicemente approfittando, come ricorda Landowski nel presente dossier, dei comportamenti più spontanei della popolazione umana (riunirsi, abbracciarsi e cosi via). E paradossalmente, meno il virus è potente come antisoggetto più coloro che infetta diventano suoi delegati efficaci, capaci di permettergli di replicarsi e produrre così nuove varianti. Questa è la sua specificità come attante, difficile da concettualizzare al di fuori di un paradigma semiotico-strutturale, che ha reso estremamente difficile la reazione degli Stati e ha permesso le affermazioni che ne hanno negato l’esistenza stessa (“è uma gripesinha”, diceva del virus il capo di Stato brasiliano, prima dei 610.000 cittadini morti, secondo le stime ufficiali).

 

2. Le risposte

Ogni risposta alla pandemia può essere considerata come un macro-processo fatto di microprocessi : un programma narrativo di base che contiene, come sue condizioni di possibilità, una serie più o meno ampia di programmi narrativi d’uso. Facendo ampio riferimento alle analisi di Paolo Demuru, Franciscu Sedda e Eric Landowski, apparse in Acta Semiotica 1, rispetto alla tipologia e alla modellizzazione delle risposte statali al coronavirus, mi propongo di operare una “comparazione” delle varie strategie di interazione adottate dal punto di vista della relazione fra grammatica narrativa e sintassi discorsiva sottesa a ognuna di esse. Data la natura di attante-jolly del virus occorre rileggere la tipologia delle risposte alla pandemia alla luce degli attori che i vari discorsi politici e le varie strategie politiche (o non strategie, come quelle trumpiana e bolsonarista) hanno messo in campo rispetto alla loro grammatica attanziale. Le diverse strategie individuabili comportano infatti una diversa qualificazione degli attori pertinenti, dei rispettivi ruoli attanziali e delle connesse competenze modali. Dal punto di vista analitico, questo significa articolare insieme il modello di rilettura del percorso generativo del senso proposto da Francesco Marsciani con il modello delle interazioni discorsive elaborato da Landowski5.

2.1. Manipolazione e democrazia : il caso italiano

Come ha sostenuto Landowski, il modello delle democrazie occidentali è molto difficile da definire secondo criteri politologici tradizionali. Esistono infatti sistemi politici molto diversi definiti come “democrazie” : le democrazie capitaliste occidentali classiche e quelle cosiddette popolari, ma ormai anche le democrature, democrazie svuotate della possibilità di scelta, che si diffondono in tutto il mondo. Perciò Landowski proponeva di definire la democrazia come sistema politico sulla base del regime di interazione che le sarebbe proprio, e lo identificava nella manipolazione, ossia nel regime in cui occorre convincere piuttosto che imporre6. La manipolazione è stata utilizzata come strategia per far rispettare il lockdown in molti regimi democratici, ed è stata adottata da tutte le maggiori democrazie europee, e anche — dopo un primo periodo di completo sbandamento — in Gran Bretagna (esemplare lo slogan stay home, save lives). In questo modello l’accento è posto sulla responsabilità individuale, un dover-fare accettato e autoimposto sulla base del sapere esperto, verso una serie di collettivi posti su una scala di generalità (lessicalizzabili come famiglia, comunità, collettività, società).

5 Il modello del percorso generativo del senso riletto da F. Marsciani dalla manifestazione testuale alle strutture semio-narrative è il modello usato da Greimas nell’analisi del Maupassant. Marsciani esplicita come esso si basi sull’interpretazione del percorso generativo del senso come concatenamento, dalla superficie alla profondità, di livelli metalinguistici di astrazione del contenuto e propone di interpretare la loro relazione come correlazioni semisimboliche, condizioni di possibilità categorialmente motivate della relazione E/C. Si tratta dunque di un modello di sintassi generativa interna al testo. Il modello di Landowski è invece un modello tassonomico che ha la sua sintassi nella dinamica delle relazioni, di contrarietà, contraddizione e implicazione, fra i termini interdefiniti. Usarli insieme significa applicare l’ipotesi generativa ad ognuna delle forme di interazione potenziali individuate da Landowski, andando a stratificare il contenuto di ognuna di esse per poi poterlo comparare nei diversi livelli di profondità che lo costituiscono (e che traducono altre configurazioni testuali). Cfr. F. Marsciani, Ricerche semiotiche 1. Il tema trascendentale, Bologna, Esculapio, 2012. E. Landowski, Les interactions risquées, Limoges, Pulim, 2005 ; tr. it. Rischiare..., op. cit.

6 Cfr. “Politiques de la sémiotique”, Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio, 13, 2, 2019.

In questo quadro, l’attore diventato fondamentale è l’esperto, il virologo in questo caso, produttore di un discorso credibile capace di convincere e soggetto tematico competente dal punto di vista del sapere, mentre l’esponente politico lo era dal punto di vista del dovere e del potere. In Italia la sanzione di questo sapere esperto ha giustificato le misure, anche invasive, necessarie per il controllo del virus : libertà generalizzata di misurazione della temperatura (una forma di ingresso nel corpo proprio) ; limitazione della privacy con la registrazione delle presenze nei luoghi collettivi ai fini del tracciamento ; impossibilità di improvvisare o decidere all’ultimo minuto (con l’introduzione della prenotazione obbligatoria nei cinema e nei ristoranti, quando sono stati riaperti). Ma il sapere medico ha anche definito la tempistica della comunicazione sul Covid in Italia : i dati sulla malattia (numero di infettati e di tamponi fatti, numero di morti) sono stati aggiornati e comunicati dai mezzi di comunicazione, fin dalla fine di febbraio del 2020, con la regolarità quotidiana dei bollettini medici7.

7 La stessa cosa è stata fatta anche da un giornale come il New York Times, evidentemente promotore di una strategie di reazione diversa da quella del caso — negazione del virus e adozione di un comportamento come se il virus non esistesse — adottata dei decisori politici statunitesi per tutta la durata della presidenza di Donald Trump. Ma in Italia questo è avvenuto senza interruzione su tutti i media pubblici, e su gran parte di quelli privati, dall'inizio dei contagi in Italia.

Nel contempo, le norme di limitazione della libertà di spostamento sono state tematizzate come una rinuncia autoimposta, basata su una sorta di autovalutazione dei propri comportamenti (un esame di coscienza), e questo alla luce del tema della salute collettiva di un insieme il cui modello è la famiglia, più che della guerra8 o di uno “stato di eccezione globale” (come suggerisce E. Landowski, forse pensando all’atteggiamento del presidente francese, E. Macron). Nella conferenza stampa del 9 marzo 2020 il presidente del consiglio Conte esordiva così : “Buona sera a tutti. Vi comunico che abbiamo adottato una nuova decisione, come Governo, su un presupposto : siamo ben consapevoli di quanto sia difficile cambiare tutte le nostre abitudini. Io stesso lo sto sperimentando per me. Con la massima comprensione quindi da questo punto di vista per tutti gli italiani. Capisco le famiglie, i giovani (…)”. Il presidente del Consiglio ha espresso attraverso l’uso di un “noi” inclusivo una proposta di interazione basata sulla familiarità, in cui il politico si pone come membro (appunto familiare) di un collettivo da cui non si distacca, adottando il modello dell’“eroe mediatore” definito da Landowski, che si basa sul trasposto passionale per influenzare il suo pubblico9.

8 I media italiani, almeno all’inizio, hanno al contrario tematizzato massicciamente il lockdown e l’epidemia come una forma di guerra.

9 E. Landowski, Présences de l’Autre. Essais de socio-sémiotique II, Paris, P.U.F., 1997, cap. 7. Questa scelta si manifesta anche attraverso i canali di comunicazione scelti : sul canale Facebook personale del presidente anziché solo sull’account ufficiale del primo ministro.

In questo discorso la popolazione è intesa come una massa di attori interdipendenti, ossia come massa biologica e nel contempo morale. Il Presidente del consiglio Conte ha presentato le misure di lockdown, la notte stessa in cui sono state adottate, come un “sacrificio”, volontario di una parte della propria vita sociale per le persone fragili. Si tratta di una “mimesi” manipolatoria dell’aggiustamento, una forma di meta-interazione, in cui un soggetto convince un altro ad assumersi un compito — ossia opera da destinante — ma esso non ha contenuto completamente definito a priori : consiste nell’ aggiustarsi ad un terzo soggetto (in questo caso gli anziani). Si tratta di un programma, di auto-manipolazione lo ha definito F. Sedda, che si presenta come una comunicazione che la società indirizza, nelle forme minime dei suoi componenti, a sé stessa. Da essa il premier non si separa anzi vi ribadisce la sua appartenenza : “Dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dell’Italia, e quando parlo dell’Italia parlo dei nostri cari, dei nostri genitori, dei nostri nonni. Lo dobbiamo fare subito e ci riusciremo solo se tutti collaboreremo e ci adatteremo subito a queste norme piu? stringenti. (…) Sono costretto a intervenire in modo ancor piu? deciso per proteggere tutti noi e soprattutto le persone piu? fragili e piu? vulnerabili”.

A differenza della modalità della programmazione, tesa, come si vedrà, solo a mostrare la propria implacabile efficienza, nel regime manipolatorio si è dunque messo l’accento sull’ agentività e l’ “inventività” dei cittadini (autori di cene e canti sui balconi, partite di tennis da un palazzo all’altro). E la stessa evidenza si è data alla mancanza di competenza — di risorse e di forze fisiche — degli attori del contrasto alla pandemia, patemizzando la comunicazione sull’operato dei lavoratori sanitari, in modo da suscitare le passioni dell’amirazione e della compassione, ma anche del dovere e dell’emulazione. Sempre nella conferenza stampa, il presidente italiano affermava infatti : “Noi tutti abbiamo una grande responsabilita?, voi con me, voi cittadini tutti con me. Penso anche a tutti i medici, gli infermieri che sono in trincea in queste settimane e che lavorano senza sosta. Stanno facendo di tutto, con turni molto impegnativi per assistere e curare le persone contagiate dal coronavirus. Oggi nel prendere queste misure dobbiamo pensare anche a loro, che rischiano, pensate, con grande gesto di solidarieta? la propria salute per curare la salute del prossimo”.

Nello stesso momento in Italia iniziava una fase di rigida programmazione — il primo lockdown — che ha bloccato la diffusione del virus : si punivano con multe elevate, dandone ampia comunicazione sui media, coloro che lasciavano il proprio domicilio senza una ragione essenziale, ritenuta “valida”. In seguito, attraverso norme e appelli stringenti ma anche la trasformazione di certe forme di interazione prossemica, si è mantenuto un diffuso livello di attenzione sociale sulla pandemia. La funzione di destinante manipolatore si è diffusa in questo processo, all’intero corpo sociale, almeno riguardo all’invito all’adozione dei comportamenti di prevenzione, talvolta alla stigmatizzazione del loro non rispetto e alla diffidenza ricevuta e provata.

 

2.2. Il discorso populista sulla pandemia

Il regime della manipolazione contraddice fortemente il modello della non-strategia adottata da Usa e Brasile. La differenza è stata immediatamente visibile attraverso la squalificazione dell’esperto progressivamente adottata da Trump e dal suo entourage — semioticamente una negazione della competenza — verso il virologo Antony Fauci. Dal punto di vista dei ruoli attanziali, in questo discorso non c’è nessun portatore di competenza riconosciuto a priori, nessun destinante manipolatore o giudicatore che abbia l’autorità per dire cosa fare. Nella pandemia come nel contratto politico, il populismo opera una narcotizzazione del ruolo attanziale del destinante e della modalità di interazione contrattuale10.

10 Cfr. P. Cervelli, “La comunicazione politica populista : corpo, linguaggio e pratiche di interazione”, Actes Se?miotiques, 120, 2018.

In questo regime di interazione l’attore tematizzato, competente in quanto dotato di volontà — e non di sapere o saper fare — è l’everyday man, l’individuo singolare qualunque, destinatario dell’unico atto sanitario pubblico e gratuito negli USA per il Covid, un tampone, promesso dal Presidente : “Every American will have a tampon”, come disse Trump all’inizio della pandemia. Di conseguenza, il discorso populista mette in atto, ovviamente, una attorialità contraddittoria : valorizzando esclusivamente la scelta individuale, programmi narrativi opposti e financo assurdi sono entrambi consentiti. Questo origina una risposta ingovernabile su una scala generale, che produce la casualità come effetto globale di senso11. Interagiscono così però i governanti stessi. Il futuro presidente Biden, ad esempio, avrebbe imposto le mascherine nei luoghi di proprietà del goveno federale mentre il governatore repubblicano del Texas cinicamente ne interdiceva l’uso nelle scuole. Mentre i governatori degli stati brasiliani dichiaravano i lockdown, il presidente salutava i sostenitori stringendo la mano, esattamente come prima dello scoppio della pandemia. Trump ha incontrato i suoi sostenitori e persino i veterani 90enni della seconda guerra mondiale senza mascherina e rigorosamente senza distanziamento sociale.

11 Una scelta questa che ricorda gli slogan neoliberali di Margaret Thatcher : “Non esiste la società, ma solo gli individui”.

Come non ricordare infine la teatralità delle scene in cui sia Trump che Bolsonaro, positivi al Covid, si sono tolti la mascherina per farsi riprendere dalle telecamere ? Perchè il presidente Usa ha affermato, a epidemia già esplosa, di non avere nulla contro coloro che indossano la mascherina, senza chiedere comunque mai di indossarla ? Perchè il suo discorso valorizza sempre le modalità del non dover fare : non propone nemmeno un contratto permissivo (dover non fare) ma semplicemente un non contratto.

L’uso delle figure del discorso religioso è coerente con questo individualismo estremo (quasi l’anarchia individualista che tematizzava Max Stirner12) : la presenza di un Soggetto della sanzione trascendente, sacro, “libera” gli attori individuali dall?obbligo di cooperare, o almeno di entrare in interazione fra loro, una interazione che, come visto, il virus stesso impone a causa del suo ruolo attanziale.

12 M. Stirner, Der Einzige und sein Eigentum (1844), tr. it., L’unico e la sua proprietà, Milano, Adelphi, 1979.

2.3. La “via cinese” : attanti e attori nella programmazione

Il modello cinese di risposta alla pandemia è interpretabile come una forma di programmazione, che anche altri paesi hanno adottato o a cui si sono avvicinati, da seguire senza esitazioni e senza variabilità individuale : un contratto dato per scontato e che non si può rescindere, e in quanto tale indifferente alla democrazia e alle sue strategie manipolatorie.

Conta piuttosto la corretta esecuzione, nel modo più veloce possibile, delle istruzioni ricevute. Si tratta di una strategia che è stata comunicata in modo esemplare sulla televisione cinese in lingua inglese CCTV, fin dallo scoppio della pandemia a Wuhan. L’accento programmatorio era evincibile per l’attenzione pressochè esclusivamente centrata sulle istruzioni da seguire, sempre le stesse, indirizzate a un interlocutore anonimo, senza che sia possibile né discuterle né integrarle o modificarle.

L’invito a operare rivolto ai cittadini si configurava però come un asettico passaggio di competenze — ad esempio il sapere fare relativo alle norme igieniche — rispetto al quale nessun coinvolgimento patemico era necessario. L’accento non è mai sulla competenza del destinatario, piuttosto si ribadisce la fiducia nel soggetto sovraindividuale del fare, lo stato o il governo.

Questa comunicazione si è concentrata infatti, sin dai primi giorni della pandemia, sulla competenza (tecnica, pratica, scientifica) del potere che fornisce le istruzioni e sulla messa in scena dell’efficacia dell’azione degli attori delegati che le eseguono, “strumenti” della “guerra contro il coronavirus” (slogan più volte ripetuto nella campagna mediatica). Essi non sono tematizzati, come in Italia, come autori di sforzi eccezionali ma solo come operatori di un fare collettivo e sovraindividuale, richiesto del destinante sociale.

Attori e programmi discorsivi sono integrati così come meccanismi di un unico programma narrativo i cui oggetti di valore sono esclusivamente sovraindividuali (la salute e la ripresa dell’economia collettiva, essenzialmente). Nella tematizzazione bellica della emergenza sanitaria gli attori competenti del sapere medico sono mostrati in questa ottica come un collettivo, considerati come totalità partitiva e come ruoli tematici, mai come individui con un programma narrativo singolare o una individualità da valorizzare.

Ma gli attori di cui si mostra la competenza e l’efficienza non sono solo medici e ricercatori, sono anche funzionari, operai e ingegneri. Delle operazioni che agiscono contano la velocità e il risultato : si configurano come un “algoritmo comportamentale” complessivo, predeterminato dal sistema da cui promanano. Ogni azione così non ha più valore di quello di un qualunque “ingrediente” in un testo programmatorio, che si deve solo “sposare” con gli altri ma non conta mai di per sé. Anche l’attore competente dal punto di vista del sapere, l’esperto medico, non ha (a differenza del regime manipolatorio) particolare preminenza rispetto agli altri delegati del destinante sociale. Piuttosto appare “militarizzato” : operatore di un fare che non si distingue dagli altri delegati che mettono in atto il fare governamentale. Il personale medico inviato a Wuhan è stato ripreso prima di partire per il “fronte” dove maggiore è la difficoltà sanitaria, politicizzato (saluta gli spettatori col saluto comunista sotto le bandiere del paese al vento) schierato (geometricamente compatto e reso uniforme dal camice) e pronto all’azione. Pronuncia all’unisono lo slogan “La Cina ce la farà”13.

13 Questo “dispositivo” di tematizzazione è stato adottato anche dal presidente albanese Rama, quando ha inviato una delegazione di aiuti e infermieri in Italia, definiti “membri coraggiosi di una piccola armata di pace”, parlando in italiano di fronte ai sanitari e alle televisioni albanesi schierati, per questo significativo gesto di solidarietà all’inizio del lockdown, concomitante al sequestro, in Repubblica Ceca, dei respiratori inviati dalla Cina verso l’Italia, e alle sarcastiche affermazioni di un presentatore televisivo britannico.

Lo stesso slogan era immediatamente ripetuto anche nei servizi televisivi dalla voce off delle news : “La Cina riuscirà a vincere la sua guerra contro il coronavirus”. È proprio il saper fare di questo attore collettivo — la Cina —, ossia la sua competenza di azione infinitamente superiore all’ordinario e all’individuo a essere magnificata. Ne è esempio il montaggio accelerato (mandato in onda, in time lapse, più volte al giorno) della costruzione del primo ospedale al mondo per casi Covid, realizzato in soli dodici giorni, lavorando 24 ore su 24. Ma manifestano la stessa capacità di performanza anche le immagini dei membri dei comitati di quartiere che telefonano quotidianamente ai singoli cittadini chiedendo quale fosse la loro temperatura (in una versione moderna del controllo, cellularizzato, dei malati della peste).

A queste immagini della performanza realizzata — la Cina ha sradicato in pochi mesi il coronavirus dal suo territorio — sono succedute rapidamente quelle della sanzione, espresse attraverso prima dalla testimonianza degli studenti durante il lockdown a Wuhan. Tutti stranieri, intervistati nelle loro camere in videochiamata, essi affermavano di stare bene e inevitabilmente terminavano le loro videointerviste con gli slogan “ufficiali” del periodo : “Forza Cina e La Cina ce la farà”. E dopo qualche settimana, ancora durante la pandemia, ricordiamo le immagini dei bambini di Wuhan che tornano a scuola dopo il primo lockdown e delle procedure di sanificazione.

La popolazione scomparsa riappare, reificata, nelle rare immagini circolate in rete delle persone tirate fuori dalle case proprie a forza a Wuhan per ricoverarle negli ospedali Covid e nelle veloci notizie sulla condanna a morte della prima persona che ha violato il lockdown a Wuhan...

 

2.4. Fare la fila, o verso l’aggiustamento

Nelle politiche decise dai governi, non si è ancora evidenziata una strategia dell’aggiustamento. Al di fuori di una logica delle scelte politiche del governo, forse dovremmo cercare delle logiche di aggiustamento nelle scelte dei cittadini, forse unici attori pertinenti per una dinamica di aggiustamento.

Nel caso italiano, il fenomeno della fila come dispositivo spaziale é molto significativo. In Italia la fila non è una linea retta, come in molti altri paesi del mondo. In Italia la fila intesa come spazio di interazione non è cioè mai stata un sistema simbolico elementare che permetta immediatamente di riconoscere in modo puramente posizionale, monoplanare e programmato, l’ordine di successione degli elementi. La fila italiana fatta in piedi (con l’eccezione di luoghi specificamente regolati, come l’aeroporto o il supermercato), assume invece la forma di una radice che va in tutte le direzioni, per cui le persone si mettono in fila non solo dietro, ma quasi sempre a lato di qualcun altro. Fino al Covid e al primo confinamento di marzo, gli italiani hanno sempre fatto delle file talmente irregolari da un punto di vista spaziale che era necessario ricorrere al linguaggio verbale (o ai numeratori elettronici, operatori di programmazione) per capire l’ordine delle persone in coda, chiedendo ad esempio chi fosse l’ultima persona in fila al momento del proprio arrivo. In effetti per essere in fila in Italia bisogna entrare in relazione : che venga rivolto lo sguardo dal commerciante di turno o che si chieda agli altri dietro a chi ci si deve porre. Non è che gli italiani non sappiano o non vogliano fare la fila, è che essa, anzichè un dispositivo programmatorio, è un dispositivo manipolatorio e dialogico : permette di donare il passaggio o passare avanti ad altri e per evitarlo obbliga a rivolgersi la parola, ossia a porsi come soggetti in interazione, anche solo per manifestare — spesso bruscamente — che si aveva la precedenza.

Ebbene, dal momento del primo lockdown, contrariamente alle loro abitudini prossemiche, gli italiani hanno cominciato a fare la fila mettendosi in riga (“mettere in riga” è in Italia una delle espressioni metaforiche usate per significare un richiamo all’ordine perduto e insieme l’imposizione di un atto di autorità), ossia considerando rispettosamente la posizione altrui nel quadro di una strategia della distanza. Credo che questo sia un fenomeno di aggiustamento perchè si è scelto di adottare la modalità che permetteva di considerare gli altri al momento dello stabilire la propria posizione : la presenza del virus ha impedito, anche volendolo, di fare del proprio programma individuale l’unico elemento degno di valore, nemmeno posizionale. Resta da capire quando in Italia ci si aggiusterà con bambini e adolescenti, quelli che hanno sofferto il maggiore disagio psicologico per la pandemia e verso cui si è avuta la minore considerazione.

 

Conclusioni

Mi sembra interessante infine articolare fra loro, alle differenti scalarità di interazione, i programmi discorsivi e narrativi considerati. Nel modello programmatorio, basato sulla delega, i soggetti delegati tuttavia non si accordano fra loro. É un destinante sociale sovraindividuale a stabilire la loro interazione e l’integrazione dei loro programmi, che non sono permessi se non conformi ad un programma collettivo. Il modello manipolatorio, anche nella versione dell’automanipolazione, articola invece un rapporto generale di tipo partitivo, io – noi tutti, in cui non c’è un programma narrativo unico da seguire. Ma coloro i soggetti interagenti o interdipendenti sono invitati alla rinuncia individuale a comportamenti che possono danneggiare il programma collettivo. Il destinante sociale non impone solo un obbligo ; contemporaneamente chiede la rinuncia volontaria al proprio poter fare in disaccordo con il livello collettivo dei programmi di interazione. Nel modello del caso, la modalità attuata principalmente dai governi populisti, non c’è un programma collettivo. Dato che non c’è più un’autorità destinante che possa sanzionare o manipolare non c’è più nessuna autorità riconosciuta e quindi nessuna credibilità possibile : i programmi possono così congiungersi o accordarsi incidentalmente, alla scala dei singoli individui, ma sono imprevedibili livello globale. Nell’aggiustamento infine, il programma e il valore a cui mira è co-costruito : a partire da programmi individuali, si inventa un soggetto plurale senza ricorrere a totalizzazioni predeterminate rispetto all’interazione stessa. Nella coppia, la triade o l’insieme di soggetti interagenti che ne deriva, ognuno contribuisce come singolarità non fusionale. Sorta di unione nella differenza, difficile da realizzare in una forma collettiva, sembra impossibile da programmare. Il suo spazio è forse quello dell’occasione più che della strategia ?

 

Bibliografia

Cervelli, Pierluigi, “La comunicazione politica populista : corpo, linguaggio e pratiche di interazione”, Actes Se?miotiques, 120, 2018.

Demuru, Paolo, “Caos, teorias da conspiração e pandemia”, Acta Semiotica, I, 1, 2021.

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Stirner, Max, Der Einzige und sein Eigentum (1844), tr. it., L’unico e la sua proprietà, Milano, Adelphi, 1979.

 


1 Cfr. P. Fabbri e I. Pezzini (a cura di), Voci e Rumori: la propagazione della parola, Versus, 79, 1997.

2 M. Hammad, “A pandemia é uma questão de espaço”, Acta Semiotica, I, 2, 2021.

3 “Il gioco del rovescio” è il titolo, tradotto in lingua italiana, di una raccolta di racconti scritti da J. Cortazar, fra cui “Continuità dei parchi”, con cui Greimas apre Dell’imperfezione. I racconti hanno tutti la caratteristica di far sperimentare ai lettori la parete molto sottile che separa la dimensione fantastica dalla realtà, fino a quando l’una si rovescia improvvisamente e imperfettamente nell’altra, senza ridursi al suo opposto. Per questo mi sembra un’espressione particolarmente adatta per sintetizzare la dinamica attanziale propria della modalità di azione del coronavirus.

4 Sul trickster, cfr. A.J. Greimas, Sémiotique et sciences sociales, Paris, Seuil, 1976, pp. 48-53. Sull’“actant joker”, E. Landowski, Rischiare nelle interazioni, Milano, FrancoAngeli, 2010, pp. 83-84.

5 Il modello del percorso generativo del senso riletto da F. Marsciani dalla manifestazione testuale alle strutture semio-narrative è il modello usato da Greimas nell’analisi del Maupassant. Marsciani esplicita come esso si basi sull’interpretazione del percorso generativo del senso come concatenamento, dalla superficie alla profondità, di livelli metalinguistici di astrazione del contenuto e propone di interpretare la loro relazione come correlazioni semisimboliche, condizioni di possibilità categorialmente motivate della relazione E/C. Si tratta dunque di un modello di sintassi generativa interna al testo. Il modello di Landowski è invece un modello tassonomico che ha la sua sintassi nella dinamica delle relazioni, di contrarietà, contraddizione e implicazione, fra i termini interdefiniti. Usarli insieme significa applicare l’ipotesi generativa ad ognuna delle forme di interazione potenziali individuate da Landowski, andando a stratificare il contenuto di ognuna di esse per poi poterlo comparare nei diversi livelli di profondità che lo costituiscono (e che traducono altre configurazioni testuali). Cfr. F. Marsciani, Ricerche semiotiche 1. Il tema trascendentale, Bologna, Esculapio, 2012. E. Landowski, Les interactions risquées, Limoges, Pulim, 2005 ; tr. it. Rischiare..., op. cit.

6 Cfr. “Politiques de la sémiotique”, Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio, 13, 2, 2019.

7 La stessa cosa è stata fatta anche da un giornale come il New York Times, evidentemente promotore di una strategie di reazione diversa da quella del caso — negazione del virus e adozione di un comportamento come se il virus non esistesse — adottata dei decisori politici statunitesi per tutta la durata della presidenza di Donald Trump. Ma in Italia questo è avvenuto senza interruzione su tutti i media pubblici, e su gran parte di quelli privati, dall'inizio dei contagi in Italia.

8 I media italiani, almeno all’inizio, hanno al contrario tematizzato massicciamente il lockdown e l’epidemia come una forma di guerra.

9 E. Landowski, Présences de l’Autre. Essais de socio-sémiotique II, Paris, P.U.F., 1997, cap. 7. Questa scelta si manifesta anche attraverso i canali di comunicazione scelti : sul canale Facebook personale del presidente anziché solo sull’account ufficiale del primo ministro.

10 Cfr. P. Cervelli, “La comunicazione politica populista : corpo, linguaggio e pratiche di interazione”, Actes Se?miotiques, 120, 2018.

11 Una scelta questa che ricorda gli slogan neoliberali di Margaret Thatcher : “Non esiste la società, ma solo gli individui”.

12 M. Stirner, Der Einzige und sein Eigentum (1844), tr. it., L’unico e la sua proprietà, Milano, Adelphi, 1979.

13 Questo “dispositivo” di tematizzazione è stato adottato anche dal presidente albanese Rama, quando ha inviato una delegazione di aiuti e infermieri in Italia, definiti “membri coraggiosi di una piccola armata di pace”, parlando in italiano di fronte ai sanitari e alle televisioni albanesi schierati, per questo significativo gesto di solidarietà all’inizio del lockdown, concomitante al sequestro, in Repubblica Ceca, dei respiratori inviati dalla Cina verso l’Italia, e alle sarcastiche affermazioni di un presentatore televisivo britannico.

 

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Mots clefs : attante-joker, caso, interazione, manipulazione, programazione, trikster.

Auteurs cités : Paolo Demuru, Algirdas J. Greimas, Manar Hammad, Eric Landowski, Francesco Marsciani, Franciscu Sedda.


Plan :

Introduzione

1. Il virus come attante : il trickster e l’attante-jolly

2. Le risposte statali alla pandemia : attori e attanti

2.1. Manipolazione e democrazia : il caso italiano

2.2. Il discorso populista sulla pandemia

2.3. La “via cinese” : attanti e attori nella programmazione

2.4. Fare la fila, o verso l’aggiustamento

Conclusioni

 

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Recebido em 03/10/2021. / Aceito em 25/11/2021.